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America - BastaBugie.it

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Goodpods has curated a list of the 10 best America - BastaBugie.it episodes, ranked by the number of listens and likes each episode have garnered from our listeners. If you are listening to America - BastaBugie.it for the first time, there's no better place to start than with one of these standout episodes. If you are a fan of the show, vote for your favorite America - BastaBugie.it episode by adding your comments to the episode page.

America - BastaBugie.it - Trump alla pubblica gogna perchè sanno che vincerà nel 2024
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07/26/22 • 14 min

TESTO DELL'ARTICOLO ➜ www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7095
TRUMP ALLA PUBBLICA GOGNA PERCHE' SANNO CHE VINCERA' NEL 2024 di Stefano Magni
Le prime pagine dei giornali anglo-sassoni, non solo americani, ieri titolavano sulle nuove rivelazioni della Commissione sui fatti del 6 gennaio, negli Stati Uniti. Dunque, sul processo informale a cui membri del Congresso stanno sottoponendo l'ex presidente Donald Trump, sospettato di aver incoraggiato l'assalto al Campidoglio, il 6 gennaio dell'anno scorso, mentre veniva certificata la vittoria elettorale di Joe Biden. La novità è che l'allora presidente passò le quattro ore della crisi di fronte al televisore della sala da pranzo della Casa Bianca, ignorando chi lo "supplicava" di intervenire per fermare i manifestanti e, anzi, facendo il tifo per loro. «Ha scelto di non agire», ha dichiarato Adam Kinzinger, uno dei due Repubblicani membri della Commissione.
L'ottava sessione della Commissione, questa volta si è dunque concentrata sui "187 minuti di crisi" e sulle azioni dell'ex presidente, passate al vaglio minuto per minuto. La conclusione della Commissione è che Trump non abbia fatto alcuna chiamata alla polizia e a qualsiasi altro servizio di sicurezza, benché consapevole di quel che stava accadendo al Campidoglio. Il tutto perché motivato dal suo «desiderio egoista di restare al potere».
ACCUSE POLITICHE SENZA PROVE
Questo è il messaggio che passa: Trump era sostanzialmente un golpista che non ha accettato l'esito di libere elezioni. La Commissione, voluta dalla presidente della Camera Nancy Pelosi, è un organo parlamentare e non può spiccare sentenze con valore legale, ma le sue conclusioni potrebbero avere un forte impatto sui media, soprattutto in campagna elettorale (si voterà a novembre per le Medio Termine). Ma siamo veramente sicuri di parlare di un'inchiesta vera? O non è piuttosto un'operazione politica?
La scelta delle accuse e le testimonianze sono quelle di un tipico processo alle intenzioni. Nessuno, finora, ha infatti dimostrato l'esistenza di una pianificazione della protesta e poi dell'assalto dei manifestanti più estremisti al Campidoglio. E non c'è alcuna prova che sia stato l'ex presidente a organizzarlo. L'accusa di golpe è già esclusa, perché quello del 6 gennaio non fu un golpe. Fu una protesta, disarmata, violenta quanto si vuole (anche se l'unica vittima fu tra le fila dei manifestanti), ma non un tentativo di espugnare le istituzioni americane, men che meno di prendere il potere. I manifestanti condussero una protesta non autorizzata, sfregiarono la sede del potere legislativo statunitense, dileggiarono, dissacrarono, si ripresero in atteggiamenti provocatori, poi se ne andarono. Non fu un golpe.
UNA COMMISSIONE DI PARTE
Se non fu un golpe e non ci sono prove che fosse una protesta organizzata da Trump, allora cosa resta? Solo il tentativo di distruggere l'immagine dell'ex presidente. Ma anche in questo caso, le accuse e le testimonianze vanno prese con beneficio di inventario. I testimoni sono selezionati da una Commissione che è costituita interamente da Democratici, salvo due membri che però sono dei Repubblicani dichiaratamente contrari a Trump. Non ci sono troppi controlli incrociati sul contenuto delle testimonianze, alcune delle quali dubbie. Cassidy Hutchinson, ex assistente di Trump, ad esempio, aveva descritto un presidente fuori controllo che, nell'auto presidenziale, lottava con il capo del servizio di sicurezza e voleva addirittura catturare il volante, per dirottare il percorso e andare a unirsi ai manifestanti del Campidoglio. Non ci sono conferme dirette su questo episodio ed ex agenti della sicurezza, membri fidati dei servizi segreti, hanno però espresso più di un dubbio: The Beast, l'auto blindata presidenziale ha un divisorio che separa il conducente dai passeggeri sui sedili posteriori. Gli spazi sono ristretti e, solo per la sua mole, Trump avrebbe avuto forti difficoltà a lottare con l'agente per arrivare al volante. I dubbi passano, quel che resta, invece, è l'immagine del presidente canaglia che vuole addirittura dirottare l'auto presidenziale per compiere un ultimo atto sovversivo.
Perché cercare di infangare l'immagine di un ex presidente? Perché potrebbe ripresentarsi nelle presidenziali. E i numeri gli stanno dando ragione. In vista delle elezioni di Medio Termine, per il rinnovo di gran parte del Congresso e dei governatori, la maggioranza schiacciante dei candidati repubblicani che hanno vinto le elezioni primarie, sono quelli sostenuti da Trump, uomini di sua fiducia: ad oggi, sono 147 su 158. L'ex presidente, che comunica solo sul suo social network Truth, sta girando per gli Stati, in comizi molto affollati di pubblico. Ormai è quasi certa la sua candidatura per il 2024, resta solo da capire quando sarà annunciata. La Commissione sul 6 gennaio, che dovrebbe concludere i lavori entro settembre...
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America - BastaBugie.it - La donna che cambiera' l'America...in meglio!
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10/28/20 • 11 min

TESTO DELL'ARTICOLO ➜http://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=6333
LA DONNA CHE CAMBIERA' L'AMERICA... IN MEGLIO! di Leone Grotti
La nomina di Amy Coney Barrett a nuovo giudice della Corte Suprema è stata confermata ieri dal Senato con 52 voti a favore contro 48. Giudice della Corte d'appello del settimo circuito di Chicago, professore di diritto all'Università di Notre Dame, Indiana, e pupilla di Antonin Scalia, tra gli interpreti più conservatori della Costituzione statunitense, Barrett dopo aver giurato ieri sera alla Casa Bianca prenderà il posto dell'icona liberal Ruth Bader Ginsburg, deceduta per un cancro a 87 anni il 18 settembre.
È la prima volta che un candidato alla Corte Suprema non riceve neanche un voto dall'opposizione e questo dato riflette la profonda divisione della società americana. I democratici hanno fortemente criticato Donald Trump - per lui, commenta il Guardian, questa è senza dubbio una «vittoria politica a pochi giorni dal voto» - per non aver atteso l'esito delle elezioni presidenziali, che si terranno il 3 novembre, prima di procedere alla nomina. La senatrice Elizabeth Warren ha definito il voto addirittura «illegittimo», senza citare il fatto che Barack Obama nel 2016 tentò di fare la stessa cosa: sostituire Scalia, morto nel febbraio di quell'anno, con un giudice progressista. L'operazione non riuscì non per quelle ragioni di opportunità che sollevano ora i democratici contro Trump, ma perché non aveva la maggioranza al Senato.
L'ELEZIONE È PERFETTAMENTE LEGALE...
L'attuale leader della maggioranza repubblicana al Senato, Mitch McConnell, ha invece giustificato così la scelta di procedere subito alla nomina di un nuovo giudice: «Abbiamo vinto le elezioni. Ciò che questa amministrazione e il Senato hanno fatto è esercitare il potere che il popolo americano ci ha dato attraverso il voto. E questo è perfettamente in linea con le regole del Senato e della Costituzione americana». Come sottolineato anche dall'Associated Press, il processo di elezione è stato perfettamente legale.
A scatenare la rabbia dei democratici non è in realtà l'opportunità dell'elezione di un giudice a pochi giorni dal voto presidenziale, quanto il significato della nomina di Barrett, che potrebbe spostare l'orientamento della Corte Suprema in senso conservatore. Trump ha infatti nominato tre giudici in quattro anni e ora la Corte più potente degli Stati Uniti ha una maggioranza conservatrice di 6 magistrati a 3.
Il New York Times, come da mesi a questa parte, lancia l'allarme: la nomina di Barrett potrebbe «cambiare la vita americana» su temi che riguardano «il diritto all'aborto, i diritti degli omosessuali, i regolamenti per le aziende e l'ambiente». A sostegno di questa tesi vengono rispolverate dichiarazioni vecchie di 15 anni di Barrett contro la sentenza Roe v Wade che legalizzò l'aborto nel 1973 o altre più recenti contro l'Obamacare. Ma come ha risposto la madre di sette figli al fuoco di fila di domande dei membri della Commissione giustizia del Senato, «io non seguo la legge di Amy. Applicherò la Costituzione senza paura e senza favoritismi».
... MA NON LE PERDONANO DI ESSERE CATTOLICA
I progressisti temono Barrett perché, nonostante il curriculum prestigioso e inattaccabile, ha solo 48 anni e perché è «cattolica e palesemente pro life». Ma come dichiarato in un'intervista a Tempi da Paolo Carozza, professore alla Law School dell'Università di Notre Dame, Indiana, dove è direttore del Kellogg Institute for International Studies, amico e collega di Barrett da oltre vent'anni, «la Corte suprema non vive di questioni di principio, nessuno può sapere come Barrett voterà sull'aborto piuttosto che sui finanziamenti ai partiti. I giudici sono indipendenti, non possono intestarsi una campagna politica in toga. Solo per fare due esempi recenti: a giugno la progressista Elena Kagan ha votato con i conservatori per esentare i datori di lavoro con obiezioni religiose dal "mandato di contraccezione" voluto da Obama. Lo stesso mese Neil Gorsuch, di nomina trumpiana, ha guidato la squadra liberal e scritto la sentenza che certifica che gay e transgender non possono essere licenziati a causa dell'orientamento o dell'identità sessuale. Quello che non si perdona a Barrett è il suo essere cattolica di stampo tradizionale, fedele al magistero della Chiesa. Inoltre, si è formata in istituzioni che non sono state rappresentate alla Corte suprema da decenni e in generale poco considerate dalle élite culturali del paese. In qualche modo rappresenta un'America messa da parte, ignorata quando non cancellata dalle élite».
Nota di BastaBugie: Ermes Dovico nell'articolo seguente dal titolo "Barrett alla Corte Suprema, sì definitivo del Senato" racconta come e perché il Senato americano ha confermato la nomina fatta da Donald Trump. Quindi Amy Coney Barrett siederà alla Corte Suprema, dove la giudice cattolica ...
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America - BastaBugie.it - Trump e la commissione Glendon per i nuovi diritti umani
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09/15/20 • 13 min

TESTO DELL'ARTICOLO ➜http://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=6280
TRUMP E LA COMMISSIONE GLENDON CONTRO I NUOVI DIRITTI UMANI di Don Samuele Cecotti
La Commission on Unalienable Rights, istituita nel luglio 2019 dal Segretario di Stato USA Michael R. Pompeo allo scopo di definire i diritti umani inalienabili ai quali si dovrà attenere il Dipartimento di Stato USA nella sua politica estera, ha svolto i suoi lavori sotto la presidenza della professoressa Mary Ann Glendon, giurista cattolica della Harvard Law School, già presidente della Pontificia Accademia delle Scienze Sociali (nominata da san Giovanni Paolo II), già membro del President's Council on Bioethics (nominata dal presidente George W. Bush), già ambasciatrice statunitense presso la Santa Sede. [...]
La Commissione Glendon ha avuto l'esplicito mandato di distinguere i "veri" diritti umani inalienabili da quella proliferazione di presunti diritti umani andati moltiplicandosi negli ultimi decenni attraverso interpretazioni e giurisprudenze varie. [...]
L'intento della Commissione è stato da più d'un osservatore giudicato come espressione d'un rinnegamento del liberalismo da parte degli USA (almeno da parte dell'Amministrazione Trump) e come azione contro-rivoluzionaria. Entrambi i giudizi debbono essere vagliati criticamente.
Certamente l'istituzione della Commission on Unalienable Rights, l'esplicito mandato affidatole da Pompeo e il lavoro svolto dagli esperti guidati da Mary Ann Glendon meritano il massimo interesse, ben più di quanto dimostrato dalla stampa e dall'intellighenzia (anche cattolica) in Italia.
UN ATTO DI GRANDE CORAGGIO POLITICO
Nel clima ideologico oggi dominante l'intenzione dell'Amministrazione Trump di distinguere nettamente i veri diritti umani inalienabili da i così detti "nuovi diritti" (diritto all'aborto, diritti LGBT, diritto all'eutanasia e al suicidio assistito, etc.) è certamente un atto di grande coraggio politico, decisamente in controtendenza.
In questo il lavoro della Commissione Glendon, specialmente se Trump sarà confermato presidente per altri quattro anni, potrà rappresentare un punto di svolta riguardo l'azione USA in sede internazionale e riguardo l'ingerenza statunitense nelle legislazioni degli altri Paesi del mondo. Da decenni ormai (l'Amministrazione Obama ha rappresentato il culmine di questa politica) gli USA svolgono una potente azioni corruttrice degli ordinamenti giuridici promuovendo in tutto il mondo i così detti diritti riproduttivi, i così detti diritti di genere, i così detti diritti all'autodeterminazione assoluta dell'individuo. Ovvero aborto, contraccezione, sterilizzazione, divorzio, unioni civili, matrimonio gay, eutanasia, transessualismo etc. sono potentemente promossi dagli USA, come diritti, in tutto il mondo. All'inserimento negli ordinamenti nazionali di questi presunti diritti sono spesso subordinati aiuti diretti e indiretti degli USA e delle Organizzazioni internazionali con un vero e proprio ricatto ai Paesi bisognosi d'aiuto (poveri, colpiti da calamità, martoriati da guerre) o semplicemente vincolati militarmente-politicamente-economicamente agli USA.
Se i risultati della Commissione Glendon divenissero effettivamente criterio di giudizio e d'azione per il Dipartimento di Stato avremmo una vera svolta nella politica USA che cesserebbe così dall'essere il primo sponsor mondiale dei così detti "nuovi diritti".
BASTA CIÒ PER PARLARE DI FINE DELL'ORDINE LIBERALE? O PER PARLARE DI AZIONE CONTRO-RIVOLUZIONARIA?
In realtà, esaminando tanto il mandato conferito da Pompeo quanto il lavoro svolto dalla Commissione, si deve riconoscere che non si è mai usciti dal quadro liberale, al più si è rifiutato l'esito liberal-radicale del liberalismo in nome di una lettura classica (ma anche liberal-democratica) dello stesso liberalismo.
I pilastri sui quali si è voluta fondare questa chiarificazione circa i diritti umani inalienabili sono in ciò espliciti:
1) la mens dei Padri Fondatori consegnata nei Testi fondativi degli USA e fatta vivere attraverso le sue riattualizzazioni lungo i due secoli americani;
2) la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani del 1948.
Entrambe le fonti pongono più d'un problema, primo dei quali il non andare mai oltre un fondamento convenzionale che dunque resta un non-fondamento o, almeno, un non-fondamento-ultimo essendo solo spostato il problema dal fondamento del presunto diritto al fondamento della convenzione che si vuole fondamentale-fondativa.
Dire che un diritto è tale (e per di più inalienabile) perché così dichiarato dai Padri Fondatori o perché così è scritto nella Dichiarazione Universale dei Diritti Umani non prova nulla circa la fondatezza di quel diritto, la sua inalienabilità e la sua universalità (diritto dell'uomo, di ogni uomo). Prova solamente che alcuni uomini (siano essi i firmatari della Dichiarazione d'Indipende...
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America - BastaBugie.it - Trump combatte l'aborto? La sinistra americana corre ai ripari
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10/15/19 • 5 min

TESTO DELL'ARTICOLO ➜ http://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=5812
TRUMP COMBATTE L'ABORTO? LA SINISTRA AMERICANA CORRE AI RIPARI di Rino Cammilleri
Ora che alla Corte Suprema americana c'è, grazie a Trump, una (risicata) maggioranza conservatrice e la famosa sentenza Roe vs Wade che nel 1973 introdusse l'aborto negli Usa rischia per la prima volta di essere seriamente messa in discussione, ora che l'odiato Trump ha tagliato di brutto i finanziamenti statali alla multinazionale Planned Parenthood e ha mandato a dire a quelli dell'Onu che la sua amministrazione per «salute riproduttiva» intende altra cosa, ecco che la sinistra americana corre ai ripari mettendo in campo la sua solita, e migliore, arma: la propaganda. Nella quale è maestra senza rivali, visto che l'hanno inventata i suoi bisnonni giacobini. Così, ha ordinato alla sua corte di «artisti» di mobilitarsi.
CAMPAGNA DIFFAMATORIA
È dunque partita la campagna «Bans off my body», che in italiano sta suppergiù per «via i divieti dal mio corpo». Hanno aderito, per ora, in centoquaranta, e i nomi sono i soliti: Lady Gaga, Ariana Grande, Miley Cyrus, Dua Lipa eccetera. Poiché chi di propaganda ferisce di propaganda perisce, se uno solo di costoro si azzardasse a defilarsi partirebbe l'ostracismo. Costoro, infatti, devono tutto al continuo «essere in onda» su qualunque mezzo di comunicazione. Se uno di questi ultimi, o più o magari tutti, li ostracizzano, per loro è finita. E come farebbero fronte alle spese di villa con piscina, auto, colf, estetisti, personal trainer, divorzi e, perché no, pusher?
Nessuno di loro ha un mestiere precedente, e decente, a cui eventualmente tornare, visto che lo showbiz li ha reclutati giovanissimi. E li ha reclutati perché rispondevano a caratteristiche precise, del resto basta dare un'occhiata ai loro video. I quali sono tutti sovrapponibili, stesso agitarsi, stesse musiche, stesso balletto mezzo afro. Qualcuno si chiederà che cosa ci trovino i giovani americani in questa roba, ma la spiegazione è che non c'è alternativa, non hanno mai visto altro, questo passa il convento e questo si mangia.
L'impero americano ha un'industria dello spettacolo senza uguali al mondo per potenza e numero di addetti. Ha così plagiato tutto l'Occidente e non solo. Ciò era ancora relativamente positivo quando c'era la Cortina di Ferro e i giovani sovietici rischiavano il carcere per l'agognato possesso di un paio di jeans, che per loro erano simbolo di libertà. Ma poi il tessuto umano degli "artisti" e l'autocooptazione con cui quel mondo si perpetua ha fatto sì che si arrivasse alla situazione odierna.
HOLLYWOOD
A Hollywood, tanto per dirne una, c'è un solo regista non di sinistra, uno solo, Clint Eastwood, che trova produttori per la sola ragione che i suoi film sono campioni d'incassi. Ma ha quasi novant'anni, i liberals devono solo aspettare. Fanno tenerezza, mi si permetta l'espressione, quelli di diverso orientamento che credono di poter cambiare quel mondo dall'interno, penso a Mel Gibson e Jim Caviezel o Eduardo Verastegui. Infatti, Gibson è tornato a lavorare grazie alla sua amicizia personale con Jodie Foster (la quale, peraltro, è di ben altra parrocchia). Gli altri due sono semplicemente spariti dalle scene, compaiono solo come testimonial in qualche incontro di evangelici. Non se ne esce.
Per un esempio diverso ma analogo, in Italia l'outsider Salvini ha creduto di potersi misurare con i maestri della politica e i signori della propaganda solo perché votatissimo dal popolo. Illuso.
Dice il Vangelo che i figli della luce sono, nel trattare i loro affari, molto meno accorti di quelli delle tenebre, perciò non c'è partita. L'unica speranza verrebbe dalla preghiera: l'Austria si liberò dei sovietici nel 1953 e l'Italia dal fare la stessa fine nel 1948 a colpi di processioni e Rosari pubblici. Ma oggi, col clero che ci ritroviamo, non è un'opzione praticabile. Resterebbe la famosa Opzione Benedetto, ritirarsi nei santuari e preparare tempi migliori come, appunto, fecero i benedettini nello sfacelo dell'Impero Romano. Ma correremmo il rischio di essere stanati anche da lì. Da orde Lgbt capitanate da certi vescovi.
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America - BastaBugie.it - Elon Musk compra Twitter e promette più libertà
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05/03/22 • 11 min

TESTO DELL'ARTICOLO ➜ www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=6997
ELON MUSK COMPRA TWITTER E PROMETTE PIU' LIBERTA' di Fabrizio Cannone
Da alcuni giorni le agenzie e i media del globo parlano, con toni accesi, e spesso piuttosto critici, dell'imprenditore americano Elon Musk, il notissimo fondatore di Tesla, SpaceX e di PayPal. E non solo perché, secondo Forbes, «al 25 aprile 2022, con un patrimonio stimato di 264,6 miliardi di dollari, risulta essere la persona più ricca del mondo».
Ma soprattutto ne parlano per l'ultima acquisizione messa a segno dal magnate di origine sudafricana. Ovvero Twitter, uno dei social network più diffusi e usati, tanto da fare concorrenza ai giganti di Zuckerberg, ovvero Facebook e Instagram.
Elon Musk però, senza con ciò voler difendere in toto una figura comunque discussa e discutibile, a differenza di molte altre personalità del mondo della comunicazione, ha sempre difeso la libertà di pensiero, di stampa e di parola. Facendosi notare anche per alcune sue idee, certamente controverse, ma comunque libere e controcorrente.
Per esempio ha difeso la natalità come risposta al declino demografico e ha criticato apertamente l'ideologia woke, definita come «divisiva, escludente e odiosa». Un'ideologia che, secondo Musk, offrirebbe «alle persone cattive uno scudo per essere meschine e crudeli, mascherate dietro una falsa virtù».
A tal proposito ha collegato il calo di abbonamenti registrato da Netflix alla stessa ideologia, che sarebbe una forma della Cancel culture, la cultura dell'azzeramento delle radici e ripetutamente si è proclamato come un «assolutista della libertà», contrario quindi alle censure politicamente corrette che abbondano sul web e lo inquinano. E che sono qualcosa di ben diverso dalla legittimazione dell'insulto, dell'odio o dalla diffusione delle fake news.
Come ricordano i pro life americani, Twitter, assieme a Facebook e Youtube, ha oscurato più volte - e senza alcuna ragione plausibile - coloro che nell'etere difendono la vita (dal concepimento alla morte naturale), la pace, la procreazione e la famiglia tradizionale.
Musk invece, proprio in un Tweet, ha dichiarato: «La libertà di parola è il fondamento di una democrazia che funzioni», nutrendo la speranza che «anche i miei peggiori critici rimangano su Twitter, perché questo è ciò che significa libertà di parola».
Tra le migliaia di account soppressi in passato da Twitter, in nome verosimilmente della sottomissione al politicamente corretto, figura per esempio l'account del magnifico film Unplanned, che racconta la storia di una militante abortista, già direttrice di una clinica della Planned Parenthood, diventata poi una fervida attivista per la difesa della vita umana innocente.
Stupisce quindi, anche se non del tutto, il fatto che in una società che ha fatto del "vietato vietare" uno dei suoi idoli, ora, tutt'a un tratto, l'accesso dell'iper libertario Musk ad una delle piattaforme del dialogo, della comunicazione e del confronto, venga vista con timore e tremore da alcuni osservatori, ideologici e un pochino oscurantisti.
Nota di BastaBugie: Stefano Magni nell'articolo seguente dal titolo "Elon Musk compra Twitter, per la libertà di espressione" si chiede se così si rischia la dittatura informatica, ma in realtà è il contrario. Musk promette più libertà. Ed è quel che la sinistra teme.
Ecco l'articolo completo pubblicato su La Nuova Bussola Quotidiana il 27 aprile 2022:
Elon Musk, imprenditore di origine sudafricana e canadese, ha acquistato Twitter, in decadenza da anni, al costo strabiliante di 44 miliardi di dollari. Per Jack Dorsey, co-fondatore del social, si tratta della "scelta giusta". Forse c'è un po' di ipocrisia in queste frasi di circostanza, perché la battaglia per l'acquisto è stata lunga e dura. Ma di sicuro, politici, celebrities e influencer della sinistra non l'hanno presa bene.
Carola Rackete, per cominciare, molto nota al pubblico italiano (siciliano in particolare), ha dichiarato, su Twitter, di essere "stanca di Twitter" e di pensare di cancellare il suo profilo, "soprattutto dopo l'acquisto da parte di Elon Musk". Jameela Jamil, conduttrice televisiva, lancia un'accusa esplicita all'imprenditore: «Con l'acquisto di Twitter, Musk lascerà la piattaforma e la smetterà di essere una minaccia per la società». Addirittura. Amnesty International twitta due sole parole di commento, sull'acquisto del secolo: «Twitter Tossico». Né più né meno.
Parrebbe quasi che l'acquisto di Twitter da parte di Elon Musk sia la premessa di una dittatura informatica. Invece è proprio il contrario. Il miliardario, proprietario di Tesla e di Space X, quindi anche della rete Internet satellitare Starlink, ha specificato che l'acquisto di Twitter serve a rilanciare la libertà di parola. «Ho investito in Twitter dal momento che credo nel suo potenziale di piattaforma per la libertà di espre...
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America - BastaBugie.it - George Soros, il padrone del mondo, compie 90 anni
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08/25/20 • 9 min

TESTO DELL'ARTICOLO ➜http://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=6254
GEORGE SOROS, IL PADRONE DEL MONDO, COMPIE 90 ANNI di Luca Volontè
Nei giorni scorsi, il finanziere miliardario George Soros ha festeggiato il suo 90esimo compleanno. Si tratta di un numero importante, ma è reso insignificante da un altro numero di Soros: 708 milioni di dollari 'donati' solo negli Usa. Sono i soldi che le sue due principali fondazioni hanno versato solo nel 2018 (l'ultimo anno conosciuto pubblicamente). Un grand'uomo, il gran filantropo e benefattore dell'umanità, degli ultimi, delle minoranze, della società aperta.
Quest'anno 2020, il budget della sola 'Open Society Foundations' è di 1,2 Miliardi di dollari. In una intervista, con l'italiano Mario Calvo-Platero di Repubblica, il magnate e benevolo 'padrone del Mondo' ha ribadito le sue buone intenzioni, i suoi propositi e confessato tutta la sua avversione verso i nemici. Innanzi tutto, un impegno fortissimo per sconfiggere Trump (descritto come l'uomo che può far collassare la stessa democrazia americana). Non a caso Soros ha speso negli ultimi anni tanti soldi, al solo scopo di minare la Presidenza Trump con ogni genere di azione. Aiuti a madri singles, famiglie naturali in difficoltà, scuole paritarie? Zero. Piuttosto, la gran parte dei finanziamenti è andata a gruppi politicizzati come Planned Parenthood, per la liberalizzazione totale l'aborto; l'Aclu (associazione per le libertà civili) ormai diramatosi in tutto il mondo, diritti Lgbti+ e così via. Negli Usa, oltre ai 708 milioni di dollari di Soros in donazioni "caritatevoli" negli Usa, ci sono i milioni che egli dona al suo principale strumento di lobbying, l'Open Society Policy Center, che, come nota Influence Watch, nel 2019 è stata la seconda fonte in tutto il Paese per il lobbismo federale, più grande dei gruppi di lobbismo delle industrie farmaceutiche o manifatturiere americane. Le grandi multinazionali possono guardare con invidia solo quando vedono la fortuna che l'impero Soros spende per i lobbisti di Washington. In realtà, il gruppo di Soros ha triplicato le pressioni esercitate da lobbisti del calibro di Amazon, Boeing e Lockheed.
LA DINASTIA DEI SOROS
Come ci ricorda il suo compleanno, Soros stesso non vivrà per sempre. Ma anche dopo la sua scomparsa, le decine di miliardi di dollari che ha investito nelle sue filantropie, e gli stessi investimenti dei suoi figli in donazioni politicizzate, significano che la sua massiccia influenza sulla politica americana e mondiale continuerà a lungo termine. I suoi obiettivi includono la "pulizia" della corruzione nel giornalismo, nell'industria farmaceutica e nel campo legale che, secondo lui, deriva dalla ricerca di profitto. (Non è chiaro perché la stessa ricerca del profitto di Soros lo abbia preservato dalla stessa malattia della corruzione).
Tutto sommato, tra il 2000 e il 2018 le fondazioni di Soros hanno speso quasi 8,9 miliardi di dollari, solo quest'anno ne spenderà 220 milioni per la "giustizia razziale" negli Usa. Una lotta per la giustizia giusta? I dubbi e le ombre sono molte. Attraverso le competizioni elettorali per la nomina dei procuratori distrettuali locali, dal 2015 al 2019 , Soros ha speso almeno 17 milioni di dollari sostenere i propri candidati preferiti in Stati come la Pennsylvania, la Virginia e l'Arizona - campi di battaglia chiave per l'acquisizione di seggi, voti e Governatori Democratici. Quest'anno negli USA Soros e le sue fondazioni spenderanno 28 milioni, 1/3 sul totale di 74 milioni che donerà in tutto il mondo, perché si affermi la sua 'idea di giustizia giusta'.
Dicevamo dei suoi acerrimi nemici, o come li descrive lui, come i pericolosissimi politici che mettono a repentaglio la democrazia e la società liberale anche in Europa, dove per il 2020 ha destinato solo 92.9 milioni di filantropici investimenti (donazioni). Essi sono Viktor Orbán in Ungheria and Jaroslaw Kaczyński in Polonia, due capi di Stato che da anni promuovono vita umana, crescita demografica e misure concrete per le famiglie naturali, oltre a difendere lo spirito e la cultura cristiana nazionale ed europea.
L'ITALIA NEL MIRINO DI SOROS
Ora però il suo occhio si è spostato sull'Italia: "la mia più grande preoccupazione è l'Italia. Un leader antieuropeo molto popolare, Matteo Salvini, stava guadagnando terreno fino a quando non ha sopravvalutato il suo successo e ha fatto cadere il governo. Fu un errore fatale. La sua popolarità è ora in declino. Ma in realtà è stato sostituito da Giorgia Meloni dei Fratelli d'Italia, che è ancora più estremista". Dunque oltre a Salvini, che raccoglierà le attenzioni di Soros sino alla sua morte politica, ora è Meloni, pro life e pro famiglia, fiera promotrice delle radici cristiane patrie che si trova al centro delle benevole premure del filantropo e 'Padrone del Mondo'. Chi di voi fosse preoccupato per la futura morte d...
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America - BastaBugie.it - La decisione di Trump che cambierà il mondo
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09/29/20 • 15 min

TESTO DELL'ARTICOLO ➜http://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=6307
LA DECISIONE DI TRUMP CHE CAMBIERA' IL MONDO
Con Amy Coney Barrett alla Corte Suprema l'aborto in America ha le ore contate
di Ermes Dovico
Dopo giorni di pronostici e indiscrezioni, adesso c’è la certezza: Donald Trump ha nominato Amy Coney Barrett come candidata a prendere il posto alla Corte Suprema lasciato libero dalla morte di Ruth Bader Ginsburg. La nomina, la terza di questo tipo in appena quattro anni di mandato per Trump, è stata ufficializzata dal presidente americano alle 17 di ieri a Washington (le 23 in Italia), in una cerimonia breve ma di grande significato.
Trump ha sottolineato le grandi «credenziali» della Barrett, attestate dal suo eccellente curriculum, e in particolare la sua «lealtà alla Costituzione». Davanti alla famiglia della giudice, ha detto che Amy è una «madre profondamente devota», che ha «un incredibile legame con il suo figlio più piccolo, con la sindrome di Down». Ne ha quindi ringraziato i sette figli (due adottati ad Haiti), chiamandoli per nome, «per aver condiviso la vostra mamma con il Paese», dove la Barrett contribuirà a difendere la «giustizia», la «libertà religiosa», la «sicurezza».
Amy, tenendo un atteggiamento umile, ha promesso dal canto suo di dare il meglio di sé, «se il Senato mi confermerà». E ha aggiunto: «Io amo gli Stati Uniti e la Costituzione americana». Si è soffermata nel ricordo della Ginsburg e nell’amicizia che questa aveva con il giudice Antonin Scalia, nonostante le idee agli antipodi (pro aborto la prima, pro vita il secondo). Ha quindi richiamato la propria esperienza professionale nell’ufficio dello stesso Scalia, da cui ha imparato una lezione fondamentale: «Un giudice deve applicare la legge com’è scritta», perché «un giudice non è un legislatore». Anche lei ha chiamato i suoi figli uno per uno, ha poi ringraziato il marito Jesse per il suo supporto fondamentale ed espresso gratitudine ai genitori. A conclusione dell’evento, la foto di Donald e Melania con la famiglia Barrett. A giudicare dalle premesse, è quello che si direbbe un buon inizio, con tanto di dichiarazioni programmatiche.
LA GIOIA DEL MOVIMENTO PRO LIFE
Le previsioni, dunque, sono state rispettate, per la gioia del movimento pro life - che vedeva in Amy Coney Barrett la migliore candidata alla Corte Suprema - e il disappunto, per usare un eufemismo, dei gruppi abortisti che hanno fatto di tutto per gettare discredito su di lei. E non si tratta solo di una storia di questi giorni, ma di un pregiudizio che viene alimentato da anni.
Ricordiamo quanto avvenuto nel 2017, quando iniziò il suo lavoro come giudice federale alla Corte d’Appello per il Settimo Circuito (che interessa i tribunali di Illinois, Indiana e Wisconsin). Proprio in quell’anno, dopo essere stata nominata da Trump, divenne famosa anche fuori dai confini americani per una frase che la senatrice democratica di lungo corso Dianne Feinstein le rivolse durante l’udienza di conferma della nomina: «Il dogma vive con forza dentro di lei, e questo è preoccupante». La nomina fu poi confermata con un voto di 55-43.
Si è già accennato al tirocinio (dal 1998 al 1999) che la Barrett fece nell’ufficio del giudice di Corte Suprema, Antonin Scalia, ritenuto uno dei massimi esponenti dell’originalismo. In quel periodo si guadagnò dai suoi colleghi l’appellativo di “Conenator”, un gioco di parole tra il suo cognome da nubile e la sua capacità, come riporta il Chicago Tribune, di «distruggere argomenti legali inconsistenti». E la stessa Barrett, come risulta evidente anche dalle parole pronunciate ieri alla Casa Bianca, ha detto in passato di ispirarsi alla dottrina originalista, che intende interpretare la Costituzione nel significato originale di chi l’ha scritta.
Tra le altre esperienze professionali, vanno ricordati i diversi anni da docente universitaria in materie giuridiche alla Notre Dame Law School. Significativo è il discorso che la Barrett tenne nel 2006 davanti ai laureandi, in cui spiegò agli studenti che per distinguersi nel mondo quali laureati di un’università (cattolica) come la Notre Dame Law School avrebbero dovuto «sempre tenere a mente che la vostra carriera legale non è che un mezzo per arrivare a un fine», e «quel fine è costruire il regno di Dio».
Il nome di Amy Barrett figura tra quello delle donne cattoliche firmatarie di una lettera rivolta ai Padri del Sinodo sulla Famiglia del 2015. Nella missiva si ricordano la verità e bellezza degli insegnamenti della Chiesa sul «valore della vita umana dal concepimento alla morte naturale», sulla «complementarità di uomini e donne», «sull’apertura alla vita e il dono della maternità; e sul matrimonio e la famiglia fondati sull’impegno indissolubile di un uomo e una donna».
PLANNED PARENTHOOD SUL PIEDE DI GUERRA
La Barrett è stata attaccata per la sua appartenenza a People of...
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L'AVVERSARIO DI TRUMP, L'ABORTISTA JOE BIDEN, E' INVOTABILE PER UN CATTOLICO
Il candidato del Partito Democratico alla Casa Bianca è a favore dell'aborto fino al 9° mese e dell'ideologia Lgbt in ogni ambito, incluso quello scolastico, al contrario di Trump che all'Onu ha rimproverato che...
di Luca Volontè
Joe Biden è invotabile ma potrebbe diventare il presidente più abortista e anticristiano della storia americana. Dopo le accuse scatenatesi verso di lui e la sua campagna, il candidato Democratico cerca di giustificare la sua 'fede', ma aggiunge sconcerto alle preoccupazioni. Joe Biden vuole promuovere ogni forma di liberalizzazione dell'aborto, e vuole farlo negli Usa e in tutto il mondo. Proprio una proposta di legge dei Democratici dei giorni scorsi vuole usare il finanziamento pubblico per favorire aborti in tutto il mondo.
Dopo una lunga serie di polemiche e i persistenti silenzi sugli atti di vandalismo contro edifici e statue cattoliche, lo scorso 6 agosto Joe Biden ha rilasciato dichiarazioni sulla sua fede cattolica. Tuttavia, le parole di Biden non hanno per nulla rincuorato coloro che sono molto preoccupati per la sua determinazione a favore dell'aborto libero (sino al 9° mese) e dell'ideologia Lgbt in ogni ambito, incluso quello educativo. Nessuno ha mai voluto giudicare la fede personale di Biden; le sue scelte e i suoi propositi sono però opposti agli insegnamenti della Chiesa. La Nota Dottrinale firmata nel 2002 da Joseph Ratzinger, allora prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, è chiara in materia, sia per i laici in politica sia per gli elettori.
IL SOSTEGNO DIABOLICO ALL'ABORTO
Qualunque cattolico, laico o chierico, affermi che Biden debba essere votato o sia il miglior candidato per gli Usa dice il falso e commette una grave mancanza. Biden è stato pro life in passato, ma negli ultimi tempi ha assicurato di voler imporre (se eletto alla presidenza nel prossimo novembre) le più feroci misure pro aborto della storia americana. Dal 1976 e per diversi anni, aveva promosso, sostenuto e votato molte misure pro vita. Peccato che ora, dopo i silenzi assordanti sull'argomento durante la sua vicepresidenza al fianco di Obama, Biden sia divenuto un abortista estremo. La folle corsa al potere e al sostegno diabolico dell'aborto e contro la tutela della vita umana è proseguita sino ad oggi.
Dal giorno della sua nomination (di fatto) alla corsa dei Democratici alla Casa Bianca, Biden afferma ad ogni occasione le sue convinzioni pro aborto e promette il suo incondizionato impegno a finanziare le multinazionali del genocidio degli innocenti. La potentissima Planned Parenthood ha ufficialmente dichiarato il proprio sostegno a Biden lo scorso 15 giugno e ha annunciato una spesa di 45 milioni di dollari per le elezioni. Biden, oltre a ringraziare, ha promesso di ricompensare, con i soldi di tutti i cittadini americani, lo sforzo di Planned Parenthood a suo favore, promettendo di reintrodurre i finanziamenti federali per PP legati al Titolo X, che solo nell'anno 2018 (prima del provvedimento firmato da Trump) erano stati pari a 60 milioni di dollari.
FIUMI DI SOLDI DALLE MULTINAZIONALI DELLA MORTE
Di questo e di altri impegni pubblici presi da Biden beneficerà anche la Naral. L'influente lobby pro aborto, che rappresenta le maggiori multinazionali della morte degli innocenti nelle istituzioni americane, ha già annunciato il proprio sostegno a Biden e ai candidati Democratici. Nella sua "Agenda per le Donne", presentata il 27 luglio scorso, Biden ha messo al centro delle promesse proprio il finanziamento pubblico e incondizionato all'aborto (abolizione dell'emendamento Hyde); il divieto federale, vincolante per ogni Stato federato, di violare il diritto all'aborto così come codificato nella sentenza Roe vs Wade; l'abolizione della Mexico City Policy (che vieta finanziamenti a gruppi che promuovono l'aborto all'estero come metodo di pianificazione familiare) intanto ampliata da Trump e la reintroduzione dell'obbligo per tutte le strutture sociali e sanitarie di fornire servizi contraccettivi, senza eccezioni per le istituzioni di ispirazione religiosa. Esattamente il contrario, insomma, dell'impegno politico dello stesso Biden negli anni Settanta e Ottanta.
Oggi per Biden le donne e i bimbi concepiti sono oggetti e non persone con una propria dignità umana. Le donne Democratiche candidate alla vicepresidenza non sono meglio di Biden, ormai divenuto paladino indiscusso dell'aborto libero, al punto che oltre cento leader di chiese e congregazioni cristiane e di altre religioni, sostenitori del Partito Democratico, hanno inviato una lettera pubblica al partito e chiesto di porre fine all'estremismo abortista e proteggere sia le donne che i bambini. Il cuore di una persona lo conosce solo Dio, ma, per gli impegni...
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VIDEO: Come nasce il totalitarismo ➜ www.youtube.com/watch?v=JVj7woYCpVY&list=PLolpIV2TSebVtj34zS7A0AabuQ9cf1Uxp
TESTO DELL'ARTICOLO ➜ www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7331
COVID E VACCINI: COME LA CASA BIANCA IMPONEVA LA CENSURA A FACEBOOK
Durante la campagna vaccinale, con toni estremamente duri, i funzionari imponevano di oscurare gli utenti non allineati (VIDEO: Come nasce il totalitarismo)
di Stefano Magni
Lo Stato americano del Missouri ha fatto causa a Joe Biden dallo scorso agosto. Scienziati come Jay Bhattacharya e Martin Kulldorff (firmatari della Great Barrington Declaration), l'associazione New Civil Liberties Alliance e altri si sono uniti alla causa. L'accusa è la violazione del Primo Emendamento (libertà di espressione) per aver imposto la censura su Facebook, Twitter, Instagram, YouTube e altri social network, per silenziare le voci critiche alla politica anti-pandemica governativa. Invocando la legge sulla libertà di informazione, il governo ha dovuto pubblicare le email che riguardano il caso. Si tratta di una documentazione che si aggiunge alla scoperta dei "Twitter Files" che, alla fine dell'anno scorso, hanno rivelato quanto l'informazione su Twitter fosse deliberatamente manipolata su impulso della Casa Bianca, del Partito Democratico, dell'Fbi e di altre agenzie del governo. Le email pubblicate durante il caso Missouri vs Biden, invece, scoprono un altro pezzo di verità: gli ordini impartiti ai social network, soprattutto a Facebook, da parte della Casa Bianca e del Centro per la Prevenzione e il Controllo delle malattie (CDC) nel 2021, durante la campagna vaccinale.
Due sono gli aspetti particolarmente impressionanti che emergono da questa nuova documentazione. Il primo è il tono, imperioso, ultimativo, a volte intimidatorio, dell'amministrazione americana quando si rivolge ad una compagnia privata, esigendo che si comporti come un organo di informazione governativo. Il secondo è nel contenuto del materiale censurato: non incitazione alla violenza o promozione di false cure (pericolose per la salute), bensì teorie contrarie alla linea del governo, anche se provenienti da fonti autorevoli.
ELIMINARE I CONTENUTI CHE SCORAGGIANO LA VACCINAZIONE
Robert Flaherty, direttore della Strategia Digitale della Casa Bianca, ha scritto una serie di email a Facebook esigendo (più che chiedendo) uno zelo maggiore nella lotta contro i "disinformatori". Ad esempio, il 14 marzo 2021, mandava una email con una minaccia implicita: «State nascondendo la palla» e allegato c'era un link a un articolo del Washington Post sulla ricerca condotta da Facebook sulla "diffusione di idee che contribuiscono all'esitazione da vaccino". Il dirigente del social network provava a difendersi: «Credo che ci sia un malinteso». «Non credo si tratti di un malinteso», incalzava Flaherty. «Siamo seriamente preoccupati che il vostro servizio sia uno dei principali fattori di esitazione nei confronti dei vaccini, punto e basta. (...) Vogliamo sapere che ci state provando, vogliamo sapere come possiamo aiutarvi e vogliamo sapere che non state facendo un gioco di prestigio». Facebook gli rispondeva il 21 marzo seguente con un elenco di decisioni prese per la "rimozione della disinformazione sul vaccino" e soprattutto: "riduzione della diffusione virale di contenuti che scoraggiano la vaccinazione che non contengono disinformazione perseguibile" (corsivo nostro).
Questo è il vero salto di qualità: non è stata solo una lotta contro la disinformazione. È stata una lotta contro chi si è opposto alla linea ufficiale del governo, anche se non si trattava di disinformazione. L'obiettivo era incoraggiare la vaccinazione. Chi era contrario, anche con argomenti fondati, doveva essere almeno parzialmente oscurato.
In un'altra email molto dura, del 9 aprile 2021, sempre Flaherty scrive a Facebook parlando anche dell'informazione sul voto: «Nel contesto elettorale, avete testato e messo in atto un cambiamento algoritmico che ha promosso notizie e informazioni di qualità sulle elezioni. (...) Lo avete fatto, però, solo dopo un'elezione in cui avete contribuito ad aumentare lo scetticismo e un'insurrezione che è stata organizzata, in gran parte, dalla vostra piattaforma. E poi l'avete spento di nuovo. Voglio delle garanzie, basate sui dati, che non farete la stessa cosa anche in questo caso». Quindi Facebook, un social non un editore, un privato non un servizio pubblico, viene apertamente accusato da un funzionario governativo di non essere stato abbastanza zelante nell'imporre la censura sui contenuti, sia per le elezioni presidenziali del 2020, sia per il Covid. Con buona pace del libero dibattito democratico.
LA DISINFORMAZIONE PROGRAMMATA
Pochi giorni dopo, il 14 aprile, lo stesso uomo della Casa Bianca si chiedeva come mai qualcosa fosse ancora sfuggito alle maglie della censura: «Il post...
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America - BastaBugie.it - Game over Biden: problema per i Dem, tragedia per gli Usa
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07/02/24 • 5 min

VIDEO: Trump-Biden: il disastro ➜ https://mazzoninews.com/2024/06/29/trump-biden-il-disastro-mn-272/
TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7845
GAME OVER BIDEN: PROBLEMA PER I DEM, TRAGEDIA PER GLI USA di Luca Volontè
Il primo dibattito presidenziale, ospitato ad Atlanta dalla CNN giovedì sera (le prime ore dell'alba per i paesi europei), è durato 90 minuti, ma il presidente Joe Biden lo ha perso nel giro di 15 minuti. Sin da subito, infatti, il presidente in carica ha perso il filo dei suoi pensieri, aguzzato gli occhi stralunati, faticato a trovare il senso logico delle frasi e, tra gaffes e affermazioni a metà, è caduto in tutte le trappole del suo avversario Trump.
Il candidato Repubblicano, dopo soli pochi momenti dall'inizio del dibattito, era già il designato vincitore, dopo aver ascoltato Biden dare una risposta sconclusionata e bugiarda sull'immigrazione clandestina in cui il presidente in carica, dopo consentito una vera e propria invasione dal Centroamerica prometteva un «divieto totale» e pugno duro contro gli illegali. Biden è apparso per quello che è: un uomo anziano con una scarsa memoria delle sue stesse decisioni politiche ed amministrative.
Trump, dal canto suo, è stato tutt'altro che perfetto. Ha fornito risposte approssimative su deficit pubblico, attaccato inutilmente il figlio di Biden, brillantemente mancato di rispondere a molte domande dei due giornalisti della CNN per dedicarsi ad incalzare, pacatamente ma duramente, Biden.
I due sfidanti alle prossime elezioni si sono beccati su numerose questioni, dall'economia e all'inflazione all'immigrazione e alla sicurezza delle frontiere, all'aborto, al cambiamento climatico, all'attacco del 6 gennaio 2021 al Campidoglio degli Stati Uniti e ai conflitti all'estero in Europa e in Medio Oriente. Un sondaggio flash condotto dalla CNN dopo il dibattito presidenziale ha mostrato che l'ex presidente Trump ha sonoramente sconfitto il presidente Biden, il 67% degli osservatori del dibattito ritiene che Trump abbia vinto il dibattito, rispetto al 33% che crede che Biden abbia vinto il dibattito.
RIPRISTINARE ROE VS WADE E LIBERALIZZARE L'ABORTO SINO ALLA NASCITA
La maggior parte degli utenti sui social media sembra essere d'accordo con il sondaggio della CNN, compresi gli esperti liberali. Trump è veramente un candidato imperfetto, ma nonostante tutti i suoi difetti, si è dimostrato chiaramente più competente sul palco. Biden, che è apparso fragile e malaticcio, molti Dems ne hanno giustificato la pessima performance perché influenzato, ha sbagliato quasi tutto ed è stato incoerente anche sull'aborto, un tema che i Dems stanno usando, anche grazie al finanziamento di più di 100 milioni di dollari dell'industria abortista USA, per federalizzare l'aborto libero sino alla nascita e battere Trump ed i Repubblicani alle elezioni del prossimo novembre. Il presidente ha anche cercato di spiegare la storica sentenza della Corte Suprema Roe vs Wade che legalizza l'aborto e che è stata ribaltata due anni fa dalla maggioranza conservatrice dell'Alta Corte. Trump ha salutato la sentenza, sostenendo che «questo è qualcosa che tutti volevano».
Biden ha detto che «è stata una cosa terribile, quello che hai fatto», mentre indicava Trump. E Biden si è impegnato a cercare di ripristinare Roe vs Wade, senza smentire però l'impegno del suo partito di liberalizzare l'aborto sino alla nascita, se sarà rieletto. Ovviamente le dichiarazioni di Biden su questo punto hanno scatenato ancora una volta la reazione di leaders e movimenti pro life, tra i quali Carol Tobias, presidente del National Right to Life, che ha denunciato come anche nel dibattito di giovedì, Biden abbia dimostrato «ancora una volta che l'ostinata promozione dell'aborto», tenti di usare i dollari dei contribuenti per finanziare gli aborti e si sia impegnato a firmare il "Women's Health Protection Act", un disegno di legge che sancirebbe l'aborto illimitato fino alla nascita nelle leggi federali che eliminerebbe praticamente tutte le protezioni esistenti per i bambini non nati e le loro madri sia a livello federale che statale, comprese le leggi sul coinvolgimento dei genitori.
IL PARTITO DEMOCRATICO IN PREDA AL PANICO
Il Partito Democratico si trova ora di fronte a un momento di verità e a una prospettiva spaventosa. Ha un candidato scelto dai voti delle primarie popolari in tutto il paese, senza che abbia avuto alcun avversario reale e che si è dimostrato, con la prestazione di giovedì, totalmente inadatto a svolgere il proprio mandato per i prossimi anni. I Dems sono in preda al panico e, mentre lo stesso Biden, la sua vice Kamala Harris ed il suo possibile sostituto, il Governatore della California Gavin Newsom, ...
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