
Colle San Marco, 18 aprile 2011 - Seconda parte
07/01/23 • 48 min
Il 10 luglio uscirà una puntata speciale di Indagini, disponibile solo sull'app del Post per le persone abbonate. Per abbonarti vai su abbonati.ilpost.it.
Il 18 aprile 2011 una donna scomparve a Colle San Marco, a venti chilometri da Ascoli Piceno. Si chiamava Melania Rea, era andata a fare una gita con il marito, Salvatore Parolisi, e la figlia Vittoria, di 18 mesi.
L’uomo disse che la moglie si era allontanata per andare in bagno e poi non era più tornata.
Due giorni dopo, il corpo della donna fu ritrovato a Ripe di Civitella, a venti chilometri dal luogo dove era scomparsa. Era stata assassinata con 35 coltellate. Sul suo corpo era stata incisa una svastica.
Vennero scoperte molte bugie e omertà e ci furono fughe di notizie che rischiarono di compromettere l’inchiesta.
Le indagini dopo alcune settimane si concentrarono sul marito che, secondo gli inquirenti, non aveva saputo gestire la propria vita, diviso tra la moglie e il rapporto con una ragazza, sua ex allieva, conosciuta in caserma. Gli inquirenti parlarono di una «strettoia emotiva». Parolisi fu arrestato a luglio, tre mesi dopo il delitto. Per gli inquirenti aveva ucciso la moglie e poi agito sulla scena del crimine per depistare le indagini.
Indagini è un podcast del Post scritto e raccontato da Stefano Nazzi.
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L’uomo disse che la moglie si era allontanata per andare in bagno e poi non era più tornata.
Due giorni dopo, il corpo della donna fu ritrovato a Ripe di Civitella, a venti chilometri dal luogo dove era scomparsa. Era stata assassinata con 35 coltellate. Sul suo corpo era stata incisa una svastica.
Vennero scoperte molte bugie e omertà e ci furono fughe di notizie che rischiarono di compromettere l’inchiesta.
Le indagini dopo alcune settimane si concentrarono sul marito che, secondo gli inquirenti, non aveva saputo gestire la propria vita, diviso tra la moglie e il rapporto con una ragazza, sua ex allieva, conosciuta in caserma. Gli inquirenti parlarono di una «strettoia emotiva». Parolisi fu arrestato a luglio, tre mesi dopo il delitto. Per gli inquirenti aveva ucciso la moglie e poi agito sulla scena del crimine per depistare le indagini.
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Roma, 7 agosto 1990 - Prima parte
Il 7 agosto 1990 in via Poma, a Roma, nel quartiere Prati, una ragazza di vent’anni venne assassinata con 29 colpi di quello che il medico legale definì «un mezzo da punta e taglio con peculiarità bitagliente ma non dotata di particolare azione recidente e penetrata segnatamente in virtù della sua estremità aguzza». Il medico disse che poteva trattarsi di un tagliacarte ma sull’arma non c’è mai stata alcuna certezza.
La ragazza si chiamava Simonetta Cesaroni. Quel giorno era in un ufficio dell’AIAG, Associazione italiana alberghi della gioventù. Stava lavorando al computer: doveva inserire alcuni dati contabili.
Per il suo omicidio venne indagato e arrestato il portiere dello stabile in cui si trovava l’ufficio, Pietrino Vanacore. Fu rilasciato qualche giorno dopo: contro di lui non c’era nessuna prova concreta. Il suo nome però tornò più volte, negli anni, durante le indagini. Due anni dopo a essere indagato fu il nipote di un inquilino della palazzina in cui era avvenuto l’omicidio. Anche lui fu scagionato. Vent’anni più tardi a essere processato fu il ragazzo che, all’epoca era fidanzato con Simonetta Cesaroni: Raniero Busco. Venne condannato in primo grado e poi assolto in appello e in cassazione.
Il colpevole dell’omicidio di Simonetta Cesaroni non è mai stato individuato e il caso di via Poma è il cold case più famoso della storia italiana.
Nello shop del Post è disponibile la borsa di Indagini.
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Il 18 aprile 2011 una donna scomparve a Colle San Marco, a venti chilometri da Ascoli Piceno. Si chiamava Melania Rea, era andata a fare una gita con il marito, Salvatore Parolisi, e la figlia Vittoria, di 18 mesi.
L’uomo disse che la moglie si era allontanata per andare in bagno e poi non era più tornata.
Due giorni dopo, il corpo della donna fu ritrovato a Ripe di Civitella, a venti chilometri dal luogo dove era scomparsa. Era stata assassinata con 35 coltellate. Sul suo corpo era stata incisa una svastica.
Vennero scoperte molte bugie e omertà e ci furono fughe di notizie che rischiarono di compromettere l’inchiesta.
Le indagini dopo alcune settimane si concentrarono sul marito che, secondo gli inquirenti, non aveva saputo gestire la propria vita, diviso tra la moglie e il rapporto con una ragazza, sua ex allieva, conosciuta in caserma. Gli inquirenti parlarono di una «strettoia emotiva». Parolisi fu arrestato a luglio, tre mesi dopo il delitto. Per gli inquirenti aveva ucciso la moglie e poi agito sulla scena del crimine per depistare le indagini.
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