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Goodpods ha curato una lista dei 10 migliori episodi di Indagini, classificati in base al numero di ascolti e Mi piace che ogni episodio ha raccolto dai nostri ascoltatori. Se stai ascoltando Indagini per la prima volta, non c'è posto migliore per iniziare se non con uno di questi episodi eccezionali. Se sei un fan dello show, vota il tuo episodio di Indagini preferito aggiungendo i tuoi commenti alla pagina dell'episodio.

06/01/22 • 43 min
La storia di questo mese è quella di Elisa Claps, una ragazza di sedici anni scomparsa a Potenza il 12 settembre 1993 e la cui morte fu accertata soltanto nel 2010, in un caso giudiziario segnato da una montagna di insabbiamenti, depistaggi e bugie – pronunciate sia dalle persone coinvolte che da quelle non coinvolte nel processo – e che riguardò sia l’Italia che il Regno Unito. E il sottotetto di una chiesa.
Indagini è un podcast del Post, scritto e raccontato da Stefano Nazzi.
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12/01/23 • 45 min
Ogni due mesi c’è Altre Indagini: altre storie di Stefano Nazzi per le persone abbonate al Post. Per ascoltare Altre Indagini, abbonati al Post.
Nella notte tra 13 e 14 gennaio 2012 Roberta Ragusa scomparve dalla sua casa di Gello, frazione di San Giuliano Terme, in provincia di Pisa. Il marito, Antonio Logli, disse che la mattina del 14 si era svegliato alle 6.30 e si era accorto dell’assenza della moglie. Gli abiti erano in casa, e così portafogli, soldi, carte di credito, documenti. Secondo l’uomo, Roberta Ragusa si era allontanata con indosso un pigiama rosa e le pantofole. Quella notte, nella zona, il termometro aveva sfiorato gli zero gradi.
Per settimane vennero effettuate ricerche in tutta la zona con le unità cinofile, ci furono molte segnalazioni ma mai nessun riscontro. Anche molti presunti veggenti contattarono i carabinieri affermando di sapere che cosa fosse accaduto alla donna.
Due mesi dopo la scomparsa della moglie, Antonio Logli venne indagato. Gli inquirenti erano convinti che non si trattasse di allontanamento volontario ma che la donna fosse stata assassinata. Il marito era sospettato per una serie di comportamenti giudicati anomali e perché aveva ingenuamente mentito in merito alla relazione che aveva con una donna da otto anni. L’ipotesi degli investigatori era che ci fosse stata una lite dopo che Roberta Ragusa aveva scoperto della relazione del marito.
Fu un caso molto seguito dai media: una troupe televisiva si introdusse nella scuola dove studiava la figlia dodicenne di Ragusa e Logli per poterla filmare.
Otto mesi dopo il fatto un testimone disse di aver visto quella notte Antonio Logli vicino a casa sua sul ciglio della strada e poco dopo un uomo e una donna litigare: l’uomo aveva poi spinto a forza la donna nell’auto. Non seppe però dire se si trattasse con certezza di Ragusa e Logli.
Logli, di cui fu chiesto il rinvio a giudizio, fu prosciolto ma, dopo un ricorso in cassazione presentato dalla procura della repubblica di Pisa, venne condannato a vent’anni di reclusione. La sentenza venne confermata nel processo d’appello e poi dalla Corte di cassazione.
Fu un processo indiziario, basato di fatto solo su una testimonianza. E fu un processo anomalo, per omicidio, senza che mai fosse stato trovato il corpo della vittima.
Antonio Logli si è sempre dichiarato innocente, i suoi due figli gli hanno sempre creduto e continuano a sostenerlo.
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10/01/23 • 45 min
Dal 10 ottobre, ogni due mesi, ci sarà Altre Indagini: altre storie di Stefano Nazzi per le persone abbonate al Post. Per ascoltare Altre Indagini, abbonati al Post.
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Il 15 giugno 1983, in via del Riccio 7, a Bologna, venne trovato il corpo di una donna. Era stata uccisa nel suo appartamento con molti colpi inferti da un piccolo coltello.
La donna, stabilì l’autopsia, era stata uccisa tre giorni prima, quindi il 12 giugno: si chiamava Francesca Alinovi, aveva 35 anni ed era insegnante al Dams, Discipline delle arti, della musica e dello spettacolo dell’università di Bologna. Era una delle giovani critiche d’arte italiane più stimate e all’avanguardia, scopritrice di nuovi talenti. Era stata lei a portare per la prima volta in Italia l’arte dei graffitari newyorkesi, a far conoscere in Italia Keith Haring, a promuovere i disegni di Paz, Andrea Pazienza. Le indagini si concentrarono nell’ambiente del Dams e in particolare su un ragazzo, Francesco Ciancabilla, di dieci anni più giovane di Alinovi. Gli amici sostennero che Ciancabilla e Alinovi stessero insieme anche se lui nel corso delle indagini lo negò. Vennero analizzati i diari scritti dalla vittima in cui lei parlava del suo rapporto con il ragazzo, del loro legame ma anche del fatto che lui si rifiutasse di avere rapporti sessuali.
Complesse perizie, compresa una su un orologio che era al polso della vittima, indicarono l’ora della morte intorno alle 18-19 del 12 giugno 1983 quando Ciancabilla, per sua stessa ammissione, a casa della critica d’arte. Ciancabilla però si è sempre dichiarato innocente.
Il processo a Francesco Ciancabilla fu un processo indiziario, senza prove ma con una serie di elementi che, secondo il pubblico ministero, portavano a una conclusione logica: che il ragazzo fosse colpevole.
Detenuto in carcerazione preventiva da quasi due anni, Ciancabilla fu assolto in primo grado e poi condannato nel processo d’appello a 16 anni di carcere. Nel frattempo, però, aveva lasciato l’Italia. Restò latitante dieci anni prima di essere arrestato in Spagna. Per quattro volte una richiesta di revisione del processo venne respinta.
Ha scontato la sua pena e oggi è un uomo senza nessuna pendenza con la giustizia.
Ha continuato a dichiararsi innocente. Secondo molte delle persone che seguirono il caso e il processo, quel procedimento non rispettò il principio del ragionevole dubbio.
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08/01/24 • 46 min
Il 6 maggio 1971, a Genova, scomparve una ragazza di 13 anni, Milena Sutter. Apparteneva a una famiglia di noti imprenditori svizzeri trasferitasi da anni in Italia. Frequentava la scuola svizzera: quel giorno uscì dalle lezioni nel pomeriggio, come accadeva ogni giorno, ma non arrivò mai a casa. La famiglia pensò subito a un sequestro di persona. Il padre della ragazza era sesto nella classifica dei contribuenti della città. In Italia, proprio in quegli anni, si stava sviluppando la pratica criminale dei sequestri di persona a scopo di estorsione: saranno centinaia negli ani seguenti. Nel solo 1977, l’anno peggiore, i sequestri furono 75, più di uno alla settimana.
La telefonata con la richiesta di riscatto arrivò il giorno successivo alla scomparsa. Una voce registrata chiese 50 milioni di lire per rilasciare la ragazza. In quel momento Milena Sutter, così stabilì il processo, era già morta. Il suo corpo venne ritrovato in mare il 20 maggio, nella baia di Priaruggia. Attorno alla vita le era stata legata una cintura da sub con pesi da un chilo.
Lo stesso giorno venne arrestato un venticinquenne, Lorenzo Bozano, che passò alle cronache come “il biondino della spider rossa”. Nei pressi della villa dei Sutter e vicino alla scuola svizzera era stata notata infatti una Alfa Romeo Giulietta spider rossa con molte ammaccature. L’auto venne individuata e venne individuato anche il proprietario, Bozano, appunto, riconosciuto da alcuni testimoni come il ragazzo che spesso si aggirava intorno alla villa dove viveva la famiglia della ragazza, in viale Mosto. Contro fi lui furono raccolti molti indizi, alcuni estremamente importanti, ma non ci fu mai la cosiddetta “prova regina”.
Il caso Sutter suscitò molta emozione, il processo fu seguitissimo, da più parti si tornò a parlare di pena di morte in Italia. Bozano, che si è sempre dichiarato innocente, fu assolto in primo grado e poi condannato all’ergastolo nel processo d’appello, condanna confermata dalla Corte di Cassazione. Fu come detto, un processo indiziario, con moltissimi indizi convergenti ma senza una prova definitiva e con alcune domande che, anche a distanza di anni, non hanno mai avuto una risposta.
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09/01/23 • 50 min
Dal 10 ottobre, ogni due mesi, ci sarà Altre Indagini: altre storie di Stefano Nazzi per le persone abbonate al Post. Per ascoltare Altre Indagini, abbonati al Post.
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Il 28 giugno 1988 il corpo di una donna rimase impigliato, al largo della costa marchigiana, nelle reti di un peschereccio. Si chiamava Annarita Curina, era una skipper: era stata uccisa e gettata in mare legata a un’ancora del peso di 17 chili. Era partita il 10 giugno da Pesaro a bordo della sua barca, un catamarano, l’Arx. Con lei a bordo c’erano due persone, Filippo De Cristofaro, 34 anni, e Adriana Diana Beyer, 17. Il progetto era quello di una traversata fino alle Baleari dove poi Annarita Curina si sarebbe fermata. Per non fare la traversata da sola aveva accettato a bordo le altre due persone che avrebbero dovuto aiutarla nei lavori sulla barca.
Dopo il ritrovamento del corpo iniziarono le ricerche nel mare Adriatico che poi si allargarono a tutto il Mediterraneo. L’Arx, che nel frattempo aveva cambiato nome in Fly2, era stato avvistato largo della Puglia e poi in Sicilia. Venne poi ritrovato ormeggiato nel porto tunisino di Ghar el Melh. De Cristofaro e Beyer però non c’erano. Assieme a una terza persona, che si era unita a loro dopo l’omicidio di Annarita Curina e che viaggiava assieme a un cane lupo, erano fuggiti a cavallo verso l’Algeria. Vennero arrestati il 19 luglio ed estradati in Italia. Inizialmente diedero la stessa versione dei fatti, poi ognuno raccontò una storia diversa. De Cristofaro e Beyer vennero processati per omicidio: l’uomo ricevette la pena più pesante, l’ergastolo.
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06/01/24 • 67 min
Nel tardo pomeriggio del 2 luglio 1983 due bambine, Nunzia Munizzi e Barbara Sellini, di dieci e sette anni, scomparvero nel rione Incis del quartiere di Ponticelli, a Napoli. Vennero ritrovate la mattina dopo. Erano state assassinate e i loro corpi bruciati.
Di quel duplice omicidio, terribile, sarebbe doloroso e inutile ricordare i molti particolari. Ma è importante ripercorrere cosa avvenne dopo, le indagini veloci e condotte con una ovvia, forte pressione mediatica e dell’opinione pubblica, i processi, le tante ritrattazioni e incongruenze dei testimoni, le perizie scientifiche mai effettuate.
Per quel delitto vennero condannati all’ergastolo tre ragazzi ventenni, anche loro abitanti del rione Incis di Ponticelli. Si sono sempre dichiarati innocenti e molti altri sono sempre stati convinti della loro estraneità ai fatti. Nel 2022 anche la commissione antimafia ha svolto un’inchiesta, concludendo che tanti elementi suscitavano pesanti dubbi e che si sarebbe dovuto continuare a indagare.
I tre di Ponticelli, come vennero definiti, oggi sono liberi, dopo aver trascorso 26 anni in carcere. Continuano a chiedere la revisione del processo, affermando che in realtà il vero assassino di Nunzia Munizzi e Barbara Sellini non sia mai stato preso.
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08/01/23 • 51 min
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Il 2 agosto 1998, domenica, alle 15.50 una donna telefona alla stazione dei carabinieri di Bascapè, in provincia di Pavia. Dice: «Venite, ho ucciso mio marito». Il corpo dell’uomo è sul balcone, avvolto in una coperta e nascosto da un tappeto. La donna ha ucciso il marito la sera prima, al termine di una lite. Entrambi, come facevano con continuità, avevano bevuto molto. In casa c’erano le due figlie della coppia che non si erano accorte di nulla.
Poi quella donna uccise ancora. Si scoprì che aveva ucciso anche in precedenza: sempre uomini violenti, che l’avevano maltrattata, l’avevano violentata o avevano tentato di farlo.
Quella donna si chiamava Milena Quaglini, i giornali la chiamarono la vendicatrice del pavese o la casalinga serial killer.
La sua è una storia di violenza, subita e inflitta, di tre omicidi che la Giustizia italiana considerò in maniera diversa nei tre gradi di giudizio e di come anche le perizie psichiatriche diedero risultati diversi l’una dall’altra. Tutte le perizie però concordarono su un punto: Milena Quaglini non dimostrò mai nessun pentimento: considerò quello che aveva fatto come una conseguenza logica di ciò che aveva subito fin dall’infanzia.
Sulla sua storia, sulla sua reale lucidità quando commise i delitti, sull’effettiva capacità di intendere e di volere e su quanto la dipendenza da alcol abbia influito sulle sue azioni restano ancora molti dubbi, tante domande che non potranno mai avere risposta. E resta una domanda senza risposta anche se Milena Quaglini, nella sua vittima, abbia ucciso anche altri uomini, oltre ai tre accertati dalle indagini.
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07/01/23 • 48 min
Il 10 luglio uscirà una puntata speciale di Indagini, disponibile solo sull'app del Post per le persone abbonate. Per abbonarti vai su abbonati.ilpost.it.
Il 18 aprile 2011 una donna scomparve a Colle San Marco, a venti chilometri da Ascoli Piceno. Si chiamava Melania Rea, era andata a fare una gita con il marito, Salvatore Parolisi, e la figlia Vittoria, di 18 mesi.
L’uomo disse che la moglie si era allontanata per andare in bagno e poi non era più tornata.
Due giorni dopo, il corpo della donna fu ritrovato a Ripe di Civitella, a venti chilometri dal luogo dove era scomparsa. Era stata assassinata con 35 coltellate. Sul suo corpo era stata incisa una svastica.
Vennero scoperte molte bugie e omertà e ci furono fughe di notizie che rischiarono di compromettere l’inchiesta.
Le indagini dopo alcune settimane si concentrarono sul marito che, secondo gli inquirenti, non aveva saputo gestire la propria vita, diviso tra la moglie e il rapporto con una ragazza, sua ex allieva, conosciuta in caserma. Gli inquirenti parlarono di una «strettoia emotiva». Parolisi fu arrestato a luglio, tre mesi dopo il delitto. Per gli inquirenti aveva ucciso la moglie e poi agito sulla scena del crimine per depistare le indagini.
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06/01/23 • 59 min
Il 7 agosto 1990 in via Poma, a Roma, nel quartiere Prati, una ragazza di vent’anni venne assassinata con 29 colpi di quello che il medico legale definì «un mezzo da punta e taglio con peculiarità bitagliente ma non dotata di particolare azione recidente e penetrata segnatamente in virtù della sua estremità aguzza». Il medico disse che poteva trattarsi di un tagliacarte ma sull’arma non c’è mai stata alcuna certezza.
La ragazza si chiamava Simonetta Cesaroni. Quel giorno era in un ufficio dell’AIAG, Associazione italiana alberghi della gioventù. Stava lavorando al computer: doveva inserire alcuni dati contabili.
Per il suo omicidio venne indagato e arrestato il portiere dello stabile in cui si trovava l’ufficio, Pietrino Vanacore. Fu rilasciato qualche giorno dopo: contro di lui non c’era nessuna prova concreta. Il suo nome però tornò più volte, negli anni, durante le indagini. Due anni dopo a essere indagato fu il nipote di un inquilino della palazzina in cui era avvenuto l’omicidio. Anche lui fu scagionato. Vent’anni più tardi a essere processato fu il ragazzo che, all’epoca era fidanzato con Simonetta Cesaroni: Raniero Busco. Venne condannato in primo grado e poi assolto in appello e in cassazione.
Il colpevole dell’omicidio di Simonetta Cesaroni non è mai stato individuato e il caso di via Poma è il cold case più famoso della storia italiana.
Nello shop del Post è disponibile la borsa di Indagini.
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FAQ
Quanti episodi ha Indagini?
Indagini currently has 88 episodes available.
Quali argomenti tratta Indagini?
The podcast is about True Crime and Podcasts.
Qual è l'episodio più popolare di Indagini?
The episode title 'Potenza, 12 settembre 1993 – Prima parte' is the most popular.
Qual è la durata media degli episodi di Indagini?
The average episode length on Indagini is 45 minutes.
Con quale frequenza vengono rilasciati gli episodi di Indagini?
Episodes of Indagini are typically released every 9 days.
Quando è stato rilasciato il primo episodio di Indagini?
The first episode of Indagini was released on Mar 28, 2022.
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