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Milano Noir - Tutta Colpa Dell’eskimo: Omicidio Brasili In Via Mascagni

Tutta Colpa Dell’eskimo: Omicidio Brasili In Via Mascagni

12/04/20 • -1 min

Milano Noir
Erano le 22.30 del 25 maggio 1975 quando Alberto Brasili, giovane studente lavoratore, e la sua fidanzata Lucia Corna vengono aggrediti in via Mascagni da cinque fascisti. Alberto indossa un eskimo e i jeans, porta la barba e i capelli lunghi. Un aspetto che, secondo i cinque militanti di destra, non lascia spazio a dubbi: segue tutti i canoni dei comunisti. I giovani vengono così seguiti lungo la strada e, una volta raggiunti, presi a coltellate. Ad Alberto vengono inferti cinque colpi che ledono gli organi vitali uccidendolo, mentre Lucia viene colpita due volte all’emitorace sinistro e si salva solo perché le lame mancano di pochi centimetri il cuore. Iniziano le indagini e il fatto che Brasili fosse sì uno studente militante, ma non particolarmente in vista induce gli inquirenti a percorrere erroneamente la pista dello scambio di persona. Uno sguardo più lucido li porterà poi sulla via corretta e legherà il delitto al clima che la destra voleva creare in quel periodo, in vista dell’imminente anniversario della strage di Brescia. Così, poco tempo dopo, l’omicidio a freddo, all’inizio inspiegabile, del giovane Brasili apparirà chiaramente come un atto intimidatorio perpetrato dall’estrema destra.
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Erano le 22.30 del 25 maggio 1975 quando Alberto Brasili, giovane studente lavoratore, e la sua fidanzata Lucia Corna vengono aggrediti in via Mascagni da cinque fascisti. Alberto indossa un eskimo e i jeans, porta la barba e i capelli lunghi. Un aspetto che, secondo i cinque militanti di destra, non lascia spazio a dubbi: segue tutti i canoni dei comunisti. I giovani vengono così seguiti lungo la strada e, una volta raggiunti, presi a coltellate. Ad Alberto vengono inferti cinque colpi che ledono gli organi vitali uccidendolo, mentre Lucia viene colpita due volte all’emitorace sinistro e si salva solo perché le lame mancano di pochi centimetri il cuore. Iniziano le indagini e il fatto che Brasili fosse sì uno studente militante, ma non particolarmente in vista induce gli inquirenti a percorrere erroneamente la pista dello scambio di persona. Uno sguardo più lucido li porterà poi sulla via corretta e legherà il delitto al clima che la destra voleva creare in quel periodo, in vista dell’imminente anniversario della strage di Brescia. Così, poco tempo dopo, l’omicidio a freddo, all’inizio inspiegabile, del giovane Brasili apparirà chiaramente come un atto intimidatorio perpetrato dall’estrema destra.

Episodio precedente

undefined - Quei Due Colpi Di Pistola A Piazza Cavour

Quei Due Colpi Di Pistola A Piazza Cavour

Nel 1975 le strade di Milano continuavano ad essere palcoscenico di numerose manifestazioni. In particolare, il 16 aprile di quell’anno i militanti di estrema sinistra rivendicavano il diritto alla casa e tutto, durante la manifestazione, sembrava stare filando liscio. Fu al termine del corteo che un gruppo di militanti antifascisti incontrò tre esponenti del FUAN e MSI all’altezza di Piazza Cavour e non si trattennero dall’aggredirli. Due di loro riuscirono a fuggire, il terzo, Antonio Braggion, si rifugiò nella sua sua macchina. Aggredito a colpi di spranga e chiave inglese, tirò fuori la sua pistola detenuta illegalmente e sparò due colpi, uno dei quali uccise colpendo in pieno volto Claudio Varalli, militante del Movimento lavoratori per il socialismo. Braggion si costituì dopo una lunga militanza, non si sentì mai colpevole e si appellò sempre alla legittima difesa. A seguito di questa vicenda furono numerosi gli scontri che si susseguirono nelle piazze e che videro fronteggiarsi con violenza le due estreme fazioni politiche. In una di queste occasioni, a perdere la vita fu così anche Giannino Zibecchi, militante del Coordinamento dei comitati antifascisti, morto schiacciato da un autocarro della polizia durante una manifestazione. Nel 1982 la Corte di Cassazione dichiarò prescritto il reato di eccesso colposo di legittima difesa imputato a Braggion, mentre la sua detenzione illegale di arma da fuoco venne coperta dal condono. Nessuno mai pagò invece per la morte di Giannino Zibecchi.

Episodio successivo

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Quel Piccolo Corpo In Via Depretis

Questa è la storia di quella che inizialmente fu un’amicizia, ma che presto si trasformò in una tragica vicenda di sangue e violenza carnale. Roberto Auglia, bambino introverso e spesso escluso dai suoi coetanei, si trovava in ospedale per una banalità: una verruca da bruciare che lo costrinse a qualche giorno di letto in corsia. Fu qui che conobbe Giulio Collalto, di qualche anno più grande e con alle spalle un’infanzia davvero difficile. Giulio era stato abbandonato dalla madre e passò parte della sua giovane età in un istituto di suore dove subì ogni genere di violenze fisiche e psicologiche. Ferite profonde che lo condussero più volte in reparto psichiatrico. Fu proprio in uno dei suoi ricoveri che incontrò il piccolo Roberto. I due strinsero amicizia e, una volta dimessi, cominciarono a vedersi nella modesta casa del più piccolo in via Depretis. Instabile mentalmente e represso sessualmente, in uno dei loro incontri, Collalto cercò di abusare del piccolo, il quale rifiutò le avance dell’amico. Un rifiuto che gli costò la morte: Roberto venne soffocato con un cuscino e, una volta morto, spostato in cucina dove Collalto inscenò il suo suicidio. Il piccolo fu trovato con il capo poggiato sui fornelli del gas e, prima dell’autopsia, nessuno immaginava la realtà dei fatti. Fu anche grazie alla madre di Robertino che gli inquirenti riuscirono a risalire a Giulio Collalto che venne in seguito arrestato e dichiarato insano di mente. Ritenuto non pericoloso, Collalto fu però rilasciato dopo poco tempo. Un errore fatale che costò la vita a un secondo bambino di appena 7 anni. Collalto replicò sulla sua seconda vittima quanto perpetrato su Roberto Auglia: soffocò il piccolo, strangolandolo con rabbia e con forza. Arrestato immediatamente, stavolta Collalto non tardò a confessare e il 4 dicembre 1981 venne definitivamente condannato all’ergastolo.

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