
Discoteca e omosessualità
10/12/21 • 2 min
Alcuni di voi riconosceranno che molte discoteche sono discoteche gay o club per gay. La rivista Billboard, un importante periodico del settore dell’intrattenimento, stimò che almeno il 50% delle discoteche sono per gay. Questo non sorprende, dal momento che sin dall’inizio le discoteche furono sostenute dalla comunità gay.
Non sono mai stati fatti sforzi per nascondere i legami delle discoteche con l’omosessualità. Per esempio, agli albori delle discoteche il Detroit Free Press profetizzò: “La discoteca sarà probabilmente ricordata come il primo evento culturale in cui la partecipazione gay è stata apertamente pubblicizzata”.
Secondo Richard Peterson, professore di sociologia presso la Vanderbilt University e specializzato in implicazioni sociali della musica contemporanea, nel mondo della discoteca essere gay “non solo è accettabile, ma è anche un po’ chic”.
Infatti, negli ultimi anni ci sono stati cambiamenti epocali negli standard della moralità sessuale. E le discoteche rispecchiano questo cambiamento in misura maggiore di qualsiasi altra caratteristica della vita moderna. Lo conferma la rivista Horizon:
“Nel ballo fra maschi e tra femmine, la discoteca rappresenta un cambiamento davvero drastico nelle convenzioni sociali e negli atteggiamenti sessuali.
“Non è né un segreto né una scusa per spettegolare: alcune delle migliori discoteche americane ed europee sono nate come locali gay che hanno aperto le loro porte a chiunque volesse ballare. [...] Il fatto che alcune discoteche siano gay o ‘miste’ passa inosservato negli articoli della cronaca notturna dei maggiori quotidiani, dando per scontate libertà che fino a poco tempo fa erano alla base dello scandalo”.
Alcuni di voi riconosceranno che molte discoteche sono discoteche gay o club per gay. La rivista Billboard, un importante periodico del settore dell’intrattenimento, stimò che almeno il 50% delle discoteche sono per gay. Questo non sorprende, dal momento che sin dall’inizio le discoteche furono sostenute dalla comunità gay.
Non sono mai stati fatti sforzi per nascondere i legami delle discoteche con l’omosessualità. Per esempio, agli albori delle discoteche il Detroit Free Press profetizzò: “La discoteca sarà probabilmente ricordata come il primo evento culturale in cui la partecipazione gay è stata apertamente pubblicizzata”.
Secondo Richard Peterson, professore di sociologia presso la Vanderbilt University e specializzato in implicazioni sociali della musica contemporanea, nel mondo della discoteca essere gay “non solo è accettabile, ma è anche un po’ chic”.
Infatti, negli ultimi anni ci sono stati cambiamenti epocali negli standard della moralità sessuale. E le discoteche rispecchiano questo cambiamento in misura maggiore di qualsiasi altra caratteristica della vita moderna. Lo conferma la rivista Horizon:
“Nel ballo fra maschi e tra femmine, la discoteca rappresenta un cambiamento davvero drastico nelle convenzioni sociali e negli atteggiamenti sessuali.
“Non è né un segreto né una scusa per spettegolare: alcune delle migliori discoteche americane ed europee sono nate come locali gay che hanno aperto le loro porte a chiunque volesse ballare. [...] Il fatto che alcune discoteche siano gay o ‘miste’ passa inosservato negli articoli della cronaca notturna dei maggiori quotidiani, dando per scontate libertà che fino a poco tempo fa erano alla base dello scandalo”.
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Musica e vecchie generazioni
Nessuno può negare che l’argomento “amore” sia il più utilizzato nelle canzoni Pop. Molti dicono che si tratta di musica “romantica”. In verità, però, la vera Musica Romantica risale al XIX secolo, ed è il genere musicale “inventato” da Ludwig van Beethoven, che proveniva dalla Musica Classica del secolo precedente. Le parole “romantico” e “romanticismo” derivano da una parola inglese in uso dal XVII secolo, ovvero romantic, che si traduce “pittoresco, romanzesco”. A loro volta, gli inglesi copiarono questa parola da un antico termine francese, romanz, che si traduce “romanzo”.
Allora, cosa significa la parola “romanzo”? Viene dalla locuzione latina romanĭce loqui, ovvero “parlare latino”. Dal XV secolo, però, questa parola si iniziò a usare per indicare i componimenti letterari in prosa in qualsiasi lingua. Ecco perché, nei due secoli successivi, la narrazione di vicende familiari o con un solo protagonista iniziò a essere chiamata “romanzo” e il termine fu avvicinato anche alle altre arti. Così, anche la Musica dal genere Classico passò al Romantico.
Ma passiamo alla musica di oggi, quella dei cantanti e delle band Pop. Di cosa parlano? Dal secondo dopo guerra, dagli anni ’50 in particolare, i testi delle canzoni hanno parlato sempre più spesso di sesso, e, dal decennio successivo, si sono aggiunti molti riferimenti anche alla droga. I testi delle canzoni riflettono lo stile di vita dei loro cantanti e dei loro compositori. Per esempio, nel 1976 uscirono 2 canzoni intitolate I wanna see what you’re like in bed (che si traduce “Voglio vedere come sei a letto”) e She’s hot, she’s sexy. Il famoso cantante Marvin Gaye’s descrisse così la copertina dell’album che conteneva la prima canzone:
“Non trovo nulla di sbagliato nel sesso fra persone consenzienti. [...] Non credo nelle filosofie eccessivamente moralistiche”.
Avete mai sentito Big Spender? Fu un successo di Shirley Bassey del 1967, ma era già stata registrata da Peggy Lee nel 1966. Dal 1964 al 1979 Shirley Bassey fu presente nei titoli iniziali dei film su James Bond. Big Spender fu usata nel 1969 nel film Sweet Charity – Una ragazza che voleva essere amata. Di cosa parlava questa canzone? Di una prostituta che cercava di “agganciare” un cliente. È curioso che la versione originale del film, diretto da Bob Fosse, era un remake del film italiano Le notti di Cabiria di Federico Fellini. Comunque, la protagonista, una giovane prostituta, nel film di Bob Fosse diventa una ballerina in cerca del successo e dell’amore. Anche se la versione americana cercò di “nascondere” le origini della protagonista nello svolgimento della narrazione, nella colonna sonora incluse una canzone che era un inno della prostituzione.
Nel 1956 Eddie Cooley e Otis Blackwell (più famoso con il nome d’arte John Davenport) fecero incidere a Little Willie John una delle canzoni Jazz più famose in assoluto: Fever. Nel 1958, anche Peggy Lee fece la sua versione. La canzone diventò un successo anche di Elvis Presley. Grandi artisti di tutto il mondo si sono cimentati con questa canzone. Ma di cosa parla il testo? È una descrizione sottilmente mascherata di un intenso desiderio sessuale. Nel 1993 Madonna registrò la sua versione in cui, però, “smascherava” l’intenso desiderio sessuale con il titolo dell’album in cui incluse la canzone: Erotica. È invece curiosa la versione italiana di Bruno Lauzi, risalente al 1965. Intitolò la canzone Garibaldi (blues), e trasformò il testo in una parodia su Giuseppe Garibaldi, sulla sua famiglia e sulle sue imprese.
Adesso parliamo di un’altra canzone: Never on Sunday. Fra i diversi interpreti segnaliamo Connie Francis. Anche questa canzone parlava di una prostituta.
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