
Meravigliosamente (G. da Lentini)
11/17/24 • 12 min
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Meravigliosamente
un amor mi distringe
e mi tene ad ogn’ora.
Com’om che pone mente
in altro exemplo pinge
la simile pintura,
così, bella, facc’eo,
che ’nfra lo core meo
porto la tua figura.
In cor par ch’eo vi porti,
pinta como parete,
e non pare di fore.
O deo, co’ mi par forte.
Non so se lo sapete,
con’ v’amo di bon core:
ch’eo son sì vergognoso
ca pur vi guardo ascoso
e non vi mostro amore.
Avendo gran disio,
dipinsi una pintura,
bella, voi simigliante,
e quando voi non vio,
guardo ’n quella figura,
e par ch’eo v’aggia avante:
come quello che crede
salvarsi per sua fede,
ancor non veggia inante.
Al cor m’arde una doglia,
com’om che ten lo foco
a lo suo seno ascoso,
e quando più lo ’nvoglia
allora arde più loco
e non pò stare incluso:
similemente eo ardo
quando pass’e non guardo
a voi, vis’amoroso.
S’eo guardo, quando passo,
inver’ voi, no mi giro,
bella, per risguardare.
Andando, ad ogni passo
getto uno gran sospiro
che facemi ancosciare;
e certo bene ancoscio,
c’a pena mi conoscio,
tanto bella mi pare.
Assai v’aggio laudato,
madonna, in tutte le parti
di bellezze ch’avete.
Non so se v’è contato
ch’eo lo faccia per arti,
che voi pur v’ascondete.
Sacciatelo per singa,
zo ch’eo no dico a linga,
quando voi mi vedrite.
Canzonetta novella,
va’ canta nova cosa;
lèvati da maitino
davanti a la più bella,
fiore d’ogni amorosa,
bionda più c’auro fino:
«Lo vostro amor, ch’è caro,
donatelo al Notaro
ch’è nato da Lentino.»
Meravigliosamente
un amor mi distringe
e mi tene ad ogn’ora.
Com’om che pone mente
in altro exemplo pinge
la simile pintura,
così, bella, facc’eo,
che ’nfra lo core meo
porto la tua figura.
In cor par ch’eo vi porti,
pinta como parete,
e non pare di fore.
O deo, co’ mi par forte.
Non so se lo sapete,
con’ v’amo di bon core:
ch’eo son sì vergognoso
ca pur vi guardo ascoso
e non vi mostro amore.
Avendo gran disio,
dipinsi una pintura,
bella, voi simigliante,
e quando voi non vio,
guardo ’n quella figura,
e par ch’eo v’aggia avante:
come quello che crede
salvarsi per sua fede,
ancor non veggia inante.
Al cor m’arde una doglia,
com’om che ten lo foco
a lo suo seno ascoso,
e quando più lo ’nvoglia
allora arde più loco
e non pò stare incluso:
similemente eo ardo
quando pass’e non guardo
a voi, vis’amoroso.
S’eo guardo, quando passo,
inver’ voi, no mi giro,
bella, per risguardare.
Andando, ad ogni passo
getto uno gran sospiro
che facemi ancosciare;
e certo bene ancoscio,
c’a pena mi conoscio,
tanto bella mi pare.
Assai v’aggio laudato,
madonna, in tutte le parti
di bellezze ch’avete.
Non so se v’è contato
ch’eo lo faccia per arti,
che voi pur v’ascondete.
Sacciatelo per singa,
zo ch’eo no dico a linga,
quando voi mi vedrite.
Canzonetta novella,
va’ canta nova cosa;
lèvati da maitino
davanti a la più bella,
fiore d’ogni amorosa,
bionda più c’auro fino:
«Lo vostro amor, ch’è caro,
donatelo al Notaro
ch’è nato da Lentino.»
Episodio precedente

Giacomo da Lentini
Giacomo da Lentini, noto anche come Jacopo Notaro, è una figura centrale della Scuola Siciliana, un movimento letterario del XIII secolo che ha gettato le basi della poesia lirica italiana. Operando sotto la corte di Federico II di Svevia, Giacomo ha contribuito in modo significativo allo sviluppo del sonetto, una forma poetica che avrebbe avuto un impatto duraturo sulla letteratura europea. I suoi versi, spesso caratterizzati da un raffinato uso del volgare siciliano, esplorano temi di amore cortese con una sensibilità che unisce l'eredità trobadorica alla nascente cultura italiana. La sua maestria nel bilanciare innovazione formale e profondità emotiva ha reso la sua poesia un modello per i successivi poeti italiani, tra cui Dante Alighieri e Petrarca. Giacomo da Lentini viene celebrato non solo come un abile artigiano del verso, ma anche come un pioniere che ha contribuito a elevare il volgare come lingua letteraria di prestigio.
Episodio successivo

Amor è uno desio che ven da core (G. da Lentini)
Il sonetto fa parte di una tenzone poetica con Pier delle Vigne e Jacopo Mostacci sulla natura dell'amore... Giacomo da Lentini si oppone ad un amore mentale e distante, come quello dell'amor de lonh proposto dai trobadorici. Il vero amore, per generarsi, ha bisogno di una sollecitazione concreta: la vista della dama in tutta la sua bellezza.
Amore è uno desi[o] che ven da’ core
per abondanza di gran piacimento;
e li occhi in prima genera[n] l’amore
e lo core li dà nutricamento.
Ben è alcuna fiata om amatore
senza vedere so ’namoramento,
ma quell’amor che stringe con furore
da la vista de li occhi ha nas[ci]mento:
ché li occhi rapresenta[n] a lo core
d’onni cosa che veden bono e rio
com’è formata natural[e]mente;
e lo cor, che di zo è concepitore,
imagina, e [li] piace quel desio:
e questo amore regna fra la gente.
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